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Niente mobbing nei confronti del dipendente sanzionato per i continui ritardi

Secondo la Corte di Cassazione non sussistono gli estremi per il risarcimento dei danni per mobbing, nel caso in cui il datore di lavoro sanzioni il dipendente per i numerosi e continui ritardi al lavoro, in quanto non sussiste alcun intento vessatorio nei suoi confronti.Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza n. 13693 del 3 luglio 2015, ha chiarito che, ai fini del risarcimento, spetta al lavoratore che lamenta un danno alla salute l'onere di provare l'esistenza dello stesso, nonché la nocività dell'ambiente di lavoro e il nesso tra l'uno e l'altro e, soltanto se è fornita la dimostrazione di tali circostanze, sussiste in capo al datore l'onere della prova circa l'adozione delle misure necessarie ad impedire il verificarsi del danno e la non riconducibilità della malattia all'inosservanza di tali obblighi.

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