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Licenziato il lavoratore per gli insulti rivolti all'amministratore in sua assenza

In tema di licenziamento per giusta causa, la Corte di Cassazione ha statuito la piena legittimità del provvedimento espulsivo inflitto al dipendente, che pronuncia insulti nei confronti dell'amministratore della società, in quel momento assente, alla presenza di un altro collega estraneo ai fatti e che non ha alcuna ragione di malanimo verso il datore. La Suprema Corte, con la Sentenza n. 5523 del 21 marzo 2016, ha chiarito che le offese non sono state pronunciate in una conversazione confidenziale fra colleghi e che sussistono i presupposti della giusta causa di recesso, dal momento che la condotta del lavoratore risulta non conforme ai civici doveri e, quindi, passibile di sanzione espulsiva sulla base del contratto collettivo di lavoro.

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